PESCO: lo slancio europeista per una cooperazione militare per la difesa dell’Ue
A marzo, l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri, Federica Mogherini, ha presentato un Piano d’azione sulla mobilità militare volto a migliorarne l’evoluzione sia all’interno che all’esterno della dimensione europea. In questo modo, la Commissione europea ha dato seguito a quanto aveva annunciato Jean-Claude Juncker nel suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, quando aveva sottolineato la necessità di realizzare una comunità europea della difesa entro il 2025. Una spinta quella che la Commissione europea sembra voler mettere in programma e che ha già trovato risposte positive in 23 Stati membri che hanno espresso la propria volontà di partecipare alla PeSCo (il programma di cooperazione militare strutturata permanente dell’Ue). Aderendo al programma, gli Stati saranno vincolati a far parte di una struttura unitaria di difesa e sicurezza europea: questo il valore intrinseco del vincolo della PeSCo.
A volte ritornano
Non è la prima volta nella storia dell’Unione europea che la questione di una difesa europea viene messa all’ordine del giorno delle riunioni di Bruxelles. Un primo tavolo di lavoro (che diede l’impulso a successivi start and stop sul tema) mise nero su bianco la Comunità europea di difesa (CED), nel 1950, sull’onda dei dialoghi che portarono all’istituzione della CECA. Il progetto della CED però, fortemente voluto dalla Francia, morì sul nascere. Bocciato (per volontà della stessa Francia), il trattato istitutivo della CED divenne carta straccia in seguito al veto del Parlamento francese nel 1954. Tra le varie remore, la Francia sottolineava il legame che ci sarebbe stato tra la CED e la NATO: al comandante supremo delle forze Nato in Europa sarebbe, infatti, stato assegnato (anche se in via temporanea) il vertice delle forze europee.
Seppur storicamente ambizioso, il programma della PeSCo non ricalca il vecchio progetto della CED. Si tratta piuttosto di una convergenza propriamente europea. Anche rispetto alla NATO. Ed è alla luce di queste considerazioni che va valutato il progetto. Quale potrà essere, quindi, il rapporto tra NATO e PeSCo? La PeSCo potrebbe rappresentare una minaccia al ruolo che la NATO svolge in Europa?
Difesa sì, difesa no: e la NATO?
Teoricamente è stata sancita la compatibilità delle due forze nel decimo Protocollo al Trattato dell’Unione europea sulla difesa e la sicurezza europee. Il Protocollo invita gli Stati membri “a cooperare per assicurare che essi prendano le misure necessarie per colmare, anche attraverso approcci multinazionali e senza pregiudizio, degli impegni che li riguardano in seno all’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico”. In questo senso, la coesistenza nello stesso spazio geografico, l’Europa, di due forze di difesa rispondenti in parte agli stessi mandati potrebbe portare allo svilimento di una delle due organizzazioni.
La soluzione potrebbe essere in questo caso la previsione di un meccanismo efficace di sussidiarietà tra i due programmi. Il progetto della PeSCo risponde ad una logica di maturazione europea che potrebbe, infatti, pregiudicare gli interessi geostrategici americani nel mondo, ma che a sua volta si propone come una forza integrante di maggiore intensità. Non solo. Il dialogo in termini difensivi e di rafforzamento di una politica estera comune vede anche l’apertura e la cooperazione di individui terzi, appartenenti o meno allo spazio geografico europeo. La giustificazione sarebbe già contenuta nella raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea dello scorso 6 marzo che sostiene una cooperazione europea con possibili “aiutanti”. Che sia questa un’apertura dell’Unione? Resta tutto da vedere. Tra futuri ingressi e nuove adesioni.