Approfondimenti

Flussi migratori nell’era del Covid-19

migranti
Da vita.it

Nel 2015 l’arrivo di più di un milione di richiedenti asilo e migranti ha mostrato le criticità del sistema di asilo del sistema europeo. Il Parlamento europeo sta lavorando a proposte di legge per creare una politica in merito più equa ed efficiente.

La diminuzione dei flussi migratori

Un rapporto delle Nazioni Unite ha preso in esame lo stato dei flussi delle migrazioni in epoca di pandemia da Covid-19 e ha mostrato come questa abbia ridotto del 33% su base annua delle richieste d’asilo, con circa due milioni di migranti in meno tra il 2019 e il 2020.
Questa riduzione è stata favorita dalle limitazioni delle tratte di circolazione, la 25dei confini e la riduzione dell’accoglienza dei rifugiati.
Tuttora il numero di migranti che vivono al di fuori del loro Paese di origine ha raggiunto i 281 milioni di persone nel 2020, rispetto ai 173 milioni del 2000 e ai 221 milioni del 2010.

I flussi migratori: le mete attraverso il Mediterraneo

Nonostante si siano registrate delle riduzioni complessive dei flussi migratori, due sono le mete maggiormente scelte per gli arrivi irregolari attraversando il Mediterraneo: Italia e Malta.
Mediante questa rotta, gli sbarchi, infatti, sono aumentati del +154% rispetto allo stesso periodo del 2019: 34.100 nel 2020, rispetto ai quasi 11.500 del 2019.
Tutti con destinazione Lampedusa, gli arrivi hanno superato i livelli del 2019, con la sola eccezione del mese di marzo.
In Spagna inoltre, l’impatto delle restrizioni COVID-19 sugli arrivi irregolari, è stato temporaneo: da agosto 2020 il numero di arrivi ha superato quello dell’anno precedente.
In particolare  nelle Isole Canarie i numeri sono aumentati significativamente (+46%, 35.800) nel 2020 rispetto al 2019.
In entrambi i casi, molti dei nuovi arrivi provengono da Paesi in difficoltà a causa della recessione dell’economia e non a causa di conflitti. Fino a quando la pandemia non sarà sotto controllo e non sarà avviata la ripresa economica, le scarse possibilità di lavoro e di cure sanitarie nei Paesi di origine continueranno a spingere le persone a migrare verso l’UE.
Attraversare il Mediterraneo rimane ad ogni modo sempre pericoloso. Nonostante la diminuzione delle partenze nel 2020, sono stati segnalati 1.754 morti o dispersi rispetto alle 2.095 persone del 2019.

Le conseguenze della diminuzione delle domande di asilo

La diminuzione del 33% delle domande di asilo rispetto allo stesso periodo nel 2019 ha permesso agli Stati membri di ridurre in modo significativo i loro arretrati in merito alle richieste di asilo pendenti che, già nel 2020, erano il 15% in meno rispetto alla fine del 2019. Tuttavia, bisogna tenere conto che i lavoratori migranti in Europa rappresentano una risorsa per la ripresa dell’economia in seguito alla crisi causata dal COVID-19.
Ora, più che in qualunque altro periodo storico, appare chiaro ed evidente come il contributo di questi lavoratori possa risultare importante per sostenere le economie europee, i servizi pubblici e colmare le carenze di manodopera. Questi lavoratori, infatti, spesso operano nei settori maggiormente colpiti dalla crisi: agricoltura, lavori domestici e di assistenza, sanità pubblica a tutti i livelli, industria alimentare, edilizia, turismo, trasporti. E, benché essi svolgano un lavoro essenziale, sono spesso dimenticati e costretti ad affrontare diversi ostacoli.

Il ruolo dei lavoratori migranti per la ripresa

I lavoratori migranti, e in particolare quelli irregolari, rappresentano la categoria meno protetta. La crisi di questo ultimo anno ha aggravato la loro situazione creando ulteriori difficoltà. Le problematicità sono legate alle condizioni di lavoro e di occupazione, all’accesso al sussidio di malattia, alla disoccupazione o alle prestazioni sociali, ma anche ai dispositivi di protezione personale come le mascherine, all’assistenza sanitaria pubblica e all’alloggio, come anche i permessi di soggiorno e di lavoro.
In tutta Europa, i lavoratori migranti hanno spesso condizioni occupazionali e di lavoro precarie, appare per questo evidente la necessità di continuare a lavorare nonostante i rischi di contrarre il Coronavirus. Perdere il lavoro per un migrante significa perdere il diritto a rimanere nel Paese in cui vive e lavora, per tale ragione, i migranti irregolari non hanno scelta, non avendo diritto ad alcuna protezione sociale, a un salario per malattia o a un sussidio di disoccupazione, essi sono costretti a continuare a lavorare mettendo a rischio la loro salute e quella di coloro che li circondano.
Appare inoltre molto probabile che, in caso di contagio, i migranti irregolari si rivolgano agli ospedali solo nella fase avanzata del virus per timore di dovere fornire i loro dati o di un’eventuale denuncia alle forze di polizia.

Federica Cardia, Micaela Culiersi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

LabEuropa
Panoramica privacy

This website uses cookies so that we can provide you with the best user experience possible. Cookie information is stored in your browser and performs functions such as recognising you when you return to our website and helping our team to understand which sections of the website you find most interesting and useful.