Orbán vince ancora, l’Ue verso il blocco dei fondi all’Ungheria
Neanche questa volta in Ungheria c’è stato il cambiamento che le forze di opposizione unite tanto auspicavano. Nelle elezioni che si sono tenute domenica 3 aprile ad uscirne vincitore è stato Fidesz, il partito del Primo ministro uscente Viktor Orbán. “Questa quarta vittoria consecutiva è la più importante, perché abbiamo conquistato il potere contro un’opposizione che si era alleata. Si sono alleati tutti e noi abbiamo vinto lo stesso” ha dichiarato Orbán, annunciando la sua vittoria nelle elezioni ungheresi. I sei partiti di opposizione si erano riuniti in un’unica coalizione, Uniti per l’Ungheria. Una sconfitta dolorosa per le varie anime politiche del fronte di opposizione che si era formato con l’obiettivo di porre fine al governo Orbán e di operare una svolta. Una svolta che non è mai arrivata.
Fidesz in coalizione con il KDNP ha ottenuto la riconferma al governo con una maggioranza di 135 seggi sui 199 disponibili all’interno dell’Assemblea nazionale mentre l’opposizione ne ha ottenuti solo 56.
Marki-Zay, leader dell’opposizione, ha riconosciuto la sconfitta, denunciando però un sistema ingiusto e disonesto creato dai dodici anni di governo Orbán.
Un chiaro segnale a Bruxelles: prima l’Ungheria
La vittoria c’è stata anche, citando il discorso di vittoria del Presidente ungherese, nei confronti dei suoi numerosi avversari, una lista che comprende i “burocrati di Bruxelles”, i “media internazionali”, il filantropo e finanziere George Soros e anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. “Una vittoria così grande che si può vedere anche dalla Luna. Certamente anche da Bruxelles” ha affermato Orbàn.
Da anni Orbán ha un contenzioso aperto con l’Unione europea sullo Stato di diritto, per rispondere ai tanti casi di corruzione nel Paese e alle violazioni contro i diritti delle minoranze, l’indipendenza della stampa e della magistratura.
Sfruttando la paura della guerra nella sua campagna elettorale, il primo ministro ungherese è arrivato a rompere anche la compattezza del blocco di Visegrad. L’Ungheria infatti è stato l’unico Paese a negare la consegna di armi a Kyiv e ad assicurare in tutti i modi che Budapest si sarebbe tenuta fuori dal conflitto con Mosca.
“L’unico in Europa a sostenere apertamente Putin” è stata l’accusa che il presidente ucraino Zelensky ha rivolto ad Orbán. Un’accusa che potrebbe essersi rivelata controproducente. La paura di essere trascinati in una guerra avrebbe spinto l’elettorato ungherese a preferire colui che ha promesso di fare il possibile per tenere l’Ungheria fuori dal conflitto. Una differenza sostanziale rispetto all’opposizione che voleva un’Ungheria pienamente disponibile a cooperare con Ue e NATO per difendere l’Ucraina. Fidesz, forza conservatrice patriottica e cristiana, è stata definita dal suo leader il futuro dell’Europa. Ha poi concluso riprendendo il famoso slogan di Donald Trump: “Prima l’Ungheria!”
La risposta dell’Ue: bloccare i fondi
L’Unione europea ha aspettato la chiusura delle urne e la proclamazione del risultato prima di fare la sua mossa. A meno di 48 ore dall’annuncio del trionfo di Orbán, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha reso nota l’intenzione di voler attivare il meccanismo che consente di bloccare i fondi Ue ai Paesi che non rispettano lo Stato di diritto. “La nostra conclusione è che dobbiamo passare alla fase successiva” ha detto von der Leyen. Il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn ha infatti informato Budapest dell’invio di una lettera di notifica formale per l’avvio del meccanismo di condizionalità.
Il meccanismo di condizionalità, secondo il quale i fondi del bilancio pluriennale dell’Ue vengono ridotti ad un certo paese se esiste il rischio concreto che siano spesi male per lo scarso rispetto dello Stato di diritto, era stato approvato nel 2020. Prima di attivarlo però l’Ue ha dovuto attendere che la Corte di Giustizia dell’Unione europea confermasse la sua legittimità. La pronuncia è arrivata lo scorso febbraio, dopo il ricorso di Polonia e Ungheria.
Se l’Ungheria nei prossimi mesi non prenderà provvedimenti sarà il Consiglio dell’Unione europea, composto dai rappresentanti dei 27 Stati membri, a decidere se ridurre i fondi destinati al governo ungherese. Per la riduzione dei fondi non è richiesta l’unanimità ma è sufficiente la maggioranza qualificata e, di conseguenza, un voto a favore in questo senso può essere assai plausibile. Orbán ha definito questa misura sleale e volta a favorire i suoi oppositori. Dallo scorso bilancio pluriennale dell’Unione europea, valido dal 2014 al 2020, l’Ungheria aveva ricevuto circa 27 miliardi di euro.
È la prima volta che il meccanismo viene azionato ed insieme all’Ungheria anche la Polonia rischia di trovarsi nel mirino di questa procedura.