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Il coordinamento di difesa in Unione Europea e i rapporti con la Nato

Con il ritorno della guerra nel continente europeo e ai disequilibri internazionali abbiamo chiesto un’analisi su come si possa evolvere il coordinamento di difesa a livello europeo e come questo possa relazionarsi con la NATO. 
L’analisi sul coordinamento tra gli stati dell’Unione europea è del dottor Matteo di Celso dottorando in Sicurezza, Rischio e Vulnerabilità Orientamento: Security and Strategic Studies dell’Università di Genova.
A seguire il contributo del professor Gabriele Natalizia docente di Sicurezza e politica internazionale e Scienza politica presso la facoltà di scienze politiche e relazioni internazionali dell’Università di Roma ‘’La Sapienza’’.

Come potrebbe evolvere il coordinamento tra gli stati dell’unione europea in ambito di difesa vista la situazione geopolitica attuale connessa alla guerra in Ucraina?

Dottor Matteo di Celso:
Ritengo che l’offensiva militare russa in Ucraina abbia contribuito a rendere il processo di integrazione europea nel settore della difesa ancora più difficile. Rilanciando il ruolo della NATO – quindi degli Stati Uniti – come principale garante della difesa del continente europeo, la guerra ha smorzato la spinta di tutti quei Paesi che si erano fatti promotori di un’Unione Europea militarmente più forte e più autonoma dagli USA.
L’idea degli europei di raggiungere maggiore coordinazione e integrazione nel settore della difesa è divenuta un obiettivo ufficiale dell’UE nel 2016. In quell’anno, per la prima volta, l’alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell’UE scriveva nella European Global Strategy che l’Unione Europea avrebbe dovuto raggiungere una “autonomia strategica”. Sebbene il documento non chiarisse con precisione il significato del termine, due aspetti erano evidenti. Primo, che il termine autonomia strategica si riferiva al settore della difesa. Secondo, che l’autonomia strategica era da intendersi rispetto agli Stati Uniti. In sostanza, il documento, parlando di autonomia strategica, manifestava la volontà dei Paesi europei di dotarsi di più moderne ed efficaci capacità militari che l’avrebbero resa capace di garantirsi la propria sicurezza in maniera più autonoma da Washington.
Ad agire da spinta alle nuove ambizioni dell’UE erano due elementi contingenti e uno più strutturale. Il primo elemento contingente era l’uscita del Regno Unito dall’UE. L’uscita di scena di Londra aveva significato la rimozione di uno dei principali ostacoli al processo di integrazione nel settore della difesa, perché gli inglesi si erano sempre schierati contro ogni iniziativa volta ad accrescere le capacità dell’UE in tal senso. Il secondo elemento contingente era l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Trump, già durante la campagna elettorale, aveva più volte messo in dubbio la garanzia americana sul continente europeo, accusando diversi Paesi, soprattutto la Germania, di non fare abbastanza per la NATO. Gli europei non erano più sicuri che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti a difesa del Vecchio continente. L’elemento strutturale che agiva da spinta alle ambizioni dell’UE consisteva, invece, nella consapevolezza, da parte degli Europei, che gli Stati Uniti avevano ormai saldamente puntato gli occhi sul Pacifico, lasciando l’Europa in secondo piano. In sostanza, quindi, la spinta degli Europei verso una maggiore integrazione nel settore della difesa, o verso un’autonomia strategica, era stata alimentata da una crescente sfiducia nei confronti della NATO, a sua volta determinata dalla percezione che gli Stati Uniti erano sempre meno propensi a farsi carico della sicurezza dell’Europa.
Alla luce di tutto ciò, in che modo l’offensiva russa in Ucraina ha influenzato il processo di integrazione europea nel settore della difesa? La campagna russa ha rilanciato il ruolo della NATO e degli Stati Uniti, in questo modo smorzando la spinta degli europei verso una maggiore autonomia strategica. Dopo più di un anno di guerra, è chiaro a tutti che senza il sostegno americano, difficilmente l’Ucraina sarebbe riuscita a tener testa alle forze russe fino a questo punto. La guerra ha reso evidente agli europei la loro forte dipendenza dagli Stati Uniti. Sebbene essa abbia fatto lievitare i budget della difesa di molti Paesi, l’incremento della spesa militare non significa che gli europei saranno più propensi a cooperare tra loro in questo settore. Al contrario, a dir la verità, la guerra ha acuito la tensione tra i Paesi che sostengono con forza il ruolo degli USA e della NATO in Europa, come la Polonia e i Paesi baltici, e coloro che invece si erano fatti promotori di una maggiore spinta verso l’autonomia strategica, come la Francia e, per certi versi, anche l’Italia.

Professor Gabriele Natalizia:
Le conseguenze nell’Unione europea della guerra in Ucraina sono diverse. La prima è il progetto di autonomia strategico promosso dalla Francia nelle parole di Emmanuel Macron di ritorno dalla visita di Stato in Cina, che prevede che ‘’L’Europa non debba essere vassallo degli Stati Uniti’’, declinazione innovativa rispetto a quella dell’Italia. Come ricordava il generale Claudio Graziano infatti, ex Capo di stato maggiore delle forze armate, l’autonomia strategica è ‘’Fare qualcosa con gli altri quando possibile, fare qualcosa da soli se necessario’’.
L’autonomia come ideata dalla Francia non è realizzabile poiché presuppone che l’Unione europea si riarmi e diventi una potenza militare. Tuttavia l’industria bellica europea non ha le risorse e non è quindi in grado di fornire munizioni all’Ucraina senza l’aiuto delle potenze anglosassoni presenti nella NATO che risultano invece le maggiori sostenitrici in campo militare. 
Un’altra conseguenza della guerra all’interno della NATO e dell’Unione europea è la condizione della Polonia. Prima del 24/02/2022 era considerato un paese pària con il quale nessun altro stato voleva stringere accordi. Ad oggi il paese ha acquisito un nuovo peso politico che si evince dagli accordi tra il Partito Popolare Polacco, quello europeo e la Meloni, in vista delle elezioni europee del 2024. Ulteriore testimonianza del potere ottenuto è il silenzio sulle politiche polacche molto simili a quelle di Orban. Fanno eccezione le risoluzioni del Parlamento europeo il quale però ha poco potere ed è espressione di una maggioranza che potrebbe cambiare alle prossime elezioni; questo potere viene sfruttato dalla Polonia, con la quale vi è un debito politico-militare e morale per via dei corridoi umanitari in uscita dall’Ucraina e corridoi militari in entrata,  nei confronti della NATO alla quale la Polonia chiede di continuare una politica di difesa contro il nemico, l’Unione Sovietica prima, la Federazione Russa oggi.
La guerra in Ucraina si può dire abbia sottolineato ulteriormente le diverse necessità dei paesi all’interno della NATO. Gli Stati Uniti e altri paesi anglosassoni sono sempre stati grandi fautori del global metro, ovvero una proiezione globale della NATO, mentre l’Italia e i paesi del Mediterraneo si preoccupavano del riconoscimento della pari dignità del fianco Sud come di quello Est.
L’Italia è impegnata attraverso diverse iniziative nella costruzione di una piccola cordata con i paesi dell’Unione meridionale, come dimostra l’incontro tra Sanchez e Meloni, che porrebbe maggiore attenzione sul versante Sud. La preoccupazione dei paesi del mediterraneo è che la NATO orienti le sue politiche esclusivamente ad Est, come porterebbe a pensare l’ingresso della Finlandia, con l’intento di arginare la Federazione Russa e la Cina. Tuttavia l’influenza di queste potenze non si esplica solo sul fronte Est ma anche attraverso paesi del nord Africa e dei Balcani. In questo scenario politico anche la Turchia ha acquisito potere contrattuale in politica internazionale poiché ha contribuito a mantenere i contatti con l’Ucraina e la Russia risolvendo la crisi del grano. 

Alla luce di questa politica eterogenea nell’Unione europea potrà mai avvenire un’abdicazione della sovranità nazionale in favore dell’Unione europea al punto che i paesi vengano rappresentati solo da Von der Leyen anche in ambito della NATO?

Non è possibile fare previsioni però è utile guardare il passato per avere una risposta. Non vi sono casi di abdicazione di sovranità a favore di un soggetto superiore, tranne qualche eccezione che si è rilevata un fallimento. Un caso è quello della Repubblica Araba Unita (1958-1961) con l’Egitto e la Siria ma in seguito a questo episodio la Siria ha rivendicato la sua indipendenza. Caso eccezionale, che per questa sua natura conferma la teoria dell’assenza di precedenti, è la Repubblica Federale Tedesca. Questo tuttavia non significa che non possa avvenire in futuro ma che richiederebbe delle condizioni particolari. Un’organizzazione sovranazionale con 27 paesi è un’organizzazione eterogenea, con paesi con storia di sovranità nazionale importante, di cui una parte tornata sovrana solo nel 1989 e che hanno visto nell’Unione europea e nella NATO un rifugio dalla Russia. L’Unione europea sicuramente è stata importante a evitare guerre tra stati storicamente belligeranti però ho i miei dubbi che possa realizzarsi questa evoluzione dell’Unione europea. 

La crisi politica in Sudan può compromettere la sicurezza internazionale, soprattutto vista la poca importanza che l’Unione europea e la NATO le stanno dando?

Questo è il prospetto presentato dall’Italia, che l’instabilità possa essere provocata non solo da paesi potenti che violano la sovranità di altri paesi, ma anche da paesi non potenti che collassano, come è avvenuto negli anni ’90-‘00 con i Balcani, l’Afghanistan e l’Iraq. Sono situazioni che possono portare a instabilità importante per questo i paesi NATO devono dare il loro contributo dove possono e dove vi è interesse a farlo. L’Italia parla spesso del Mediterraneo allargato riferendosi non solo ai paesi bagnati dal Mediterraneo ma anche ai paesi che influenzano la loro stabilità.
In questo panorama politico internazionale il progetto francese di sostituire la NATO con forze armate europee risulta poco realizzabile. Tuttavia nell’ottica di una Difesa europea si potrebbe creare un progetto che vada a integrare la NATO, nelle situazioni in cui la NATO stessa non ha interessi nell’intervenire.
Per concludere, il commento del segretario della NATO Jens Stoltenberg ‘’l’esercito europeo già esiste, si chiama NATO’’.

Carlotta Maddalena Guglielmi, Michela Petti

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