Da Cambridge Analytica al GDPR: il lusso della privacy nell’era digitale
Il diritto alla protezione dei dati personali, riconosciuto come fondamentale nella Carta europea dei diritti dell’uomo e costituzionalizzato dal Trattato di Lisbona, deve fare oggi i conti con le sfide sempre più difficili che vengono dalla rete e dalle nuove tecnologie della comunicazione. In principio il Datagate, i cui esordi risalgono al 2001 a seguito della pubblicazione da parte dell’ex consulente della National Security Agency (NSA) Edward Snowden di documenti che rivelavano attività di sorveglianza di massa nei confronti di cittadini statunitensi e stranieri da parte dell’agenzia. Lo scandalo ha prodotto un allarme di vasta portata, ma ha anche permesso il diffondersi di una maggior informazione e consapevolezza sul valore della privacy nell’era digitale, come sottolineato dal Garante per la protezione dei dati personali nel 2014. Con i social network, lo scambio sempre più rapido di mail, messaggi, foto e video, la digitalizzazione è entrata appieno nelle nostre vite e il diritto alla privacy (che rientra nel più ampio ventaglio dei diritti umani) non deve essere considerato un lusso, ma deve essere necessariamente garantito da parte delle istituzioni, europee ed internazionali.
Cambridge Analytica e Facebook: l’abuso dei dati degli utenti
Di recente, lo scandalo Cambridge Analytica ha suscitato non poche preoccupazioni nell’Unione europea. La società britannica di analisi dei dati avrebbe, infatti, raccolto senza consenso i dati personali di utenti iscritti a Facebook (la maggior parte dei quali, oltre 70 milioni, cittadini statunitensi) per finalità politiche. Sulla questione è intervenuto anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, che ha sottolineato come l’episodio rappresenti “più di una violazione dei dati personali, è una violazione della fiducia. Una violazione che minaccia il funzionamento stesso della democrazia”, ha aggiunto. Tajani ha anche fatto presente che il Parlamento europeo ha invitato Zuckerberg affinché “fornisca spiegazioni” perché, ha sottolineato, “abbiamo il dovere di proteggere i diritti dei cittadini e assicurarci che siano informati, soprattutto su questioni così delicate come la protezione dei dati personali”. Anche la Commissaria europea alla giustizia e per i consumatori Vera Jourova ha chiesto a Zuckerberg di fornire spiegazioni a proposito dello scandalo, in particolare sul numero di cittadini europei coinvolti, e di indicare le mosse previste da Facebook per evitare che un caso del genere possa ripetersi.
Le mosse del Parlamento europeo
Oltre al rinnovato invito del presidente del Parlamento europeo Tajani irivolto a Zuckerberg e ad altri rappresentanti di piattaforme online, come Google, nel corso della conferenza sul digitale e sul governo delle piattaforme online di qualche giorno fa, l’impegno dell’Assemblea di Strasburgo si fa più preciso. I leader dei gruppi politici si riuniranno per decidere la linea del Parlamento su questa delicata questione, mentre già durante la plenaria della scorsa settimana gli eurodeputati hanno affrontato i temi della protezione della privacy e della manipolazione delle elezioni. I deputati europei potrebbero, infatti, presentare una risoluzione per chiedere alla Commissione europea di mettere in campo delle misure di prevenzione sugli abusi dei dati degli utenti, oltre che sulla possibilità di istituire una commissione speciale di investigazione.
GDPR is coming
Lo scandalo Facebook è esploso in concomitanza con l’approssimarsi dell’entrata in vigore, il prossimo 25 maggio, del nuovo Regolamento generale sulla protezione dei dati, conosciuto con l’acronimo di GDPR, che definisce una serie di regole che dovranno essere rispettate da parte di tutte quelle società che scelgono di operare negli Stati membri dell’Unione europea. Approvate dal Parlamento europeo nel 2016, il Regolamento mira a ridare ai cittadini il controllo delle proprie informazioni personali al fine di generare un livello elevato e piuttosto uniforme di protezione dei dati all’interno dell’Ue. Come ha sottolineato il relatore del provvedimento Jan Philipp Albrecht (Verdi, DE), “il regolamento generale sulla protezione dei dati sensibili fa sì che un livello elevato e uniforme di protezione dei dati in tutta l’Ue diventi realtà. I cittadini potranno decidere autonomamente quali informazioni personali vogliono condividere”. Il Parlamento europeo ha, inoltre, in cantiere un ulteriore passo verso la protezione della privacy online, con la proposta di riforma della direttiva vigente in materia, risalente al 2002. In questa proposta è incluso un controllo più severo sull’uso dei dati (che dovranno essere impiegati solo per il fine per cui è stato dato il consenso), mentre standard alti di riservatezza (gli stessi applicati alla telefonia) dovranno essere applicati alle comunicazioni via messaggio come Messenger, WhatsApp e Skype, alcune tra le piattaforme digitali ormai protagoniste della nostra quotidianità.