Covid-19

Sì al Recovery Fund, il progetto “di migliaia di miliardi”. Come funzionerà?

Nella conferenza stampa del 26 Aprile Giuseppe Conte ha annunciato l’inizio della cosiddetta “Fase 2”, la fase della convivenza con il Coronavirus. Nei più di 40 minuti di diretta Conte non ha parlato solo delle nuove misure in vigore dal 4 Maggio, ma ha anche annunciato il risultato storico raggiunto all’ultimo Consiglio Europeo: il sì al Recovery Fund.

Cos’è il Recovery Fund

Il recovery fund, letteralmente “fondo di recupero”, è nato dalla proposta di Emmanuel Macron e consiste in un fondo ad hoc garantito dal bilancio dell’Unione Europea e finanziato tramite la raccolta di liquidità dell’emissione di recovery bond. Questi ultimi, già approvati dal Parlamento, sono obbligazioni comuni diversi dagli eurobond poiché non sono caratterizzati da una mutualizzazione del debito pregresso. La liquidità raccolta verrà poi distribuita ai governi maggiormente colpiti dal Coronavirus, tra cui ovviamente l’Italia. In parole semplici, il fondo sarà una sorta di paniere dove si accumula denaro che poi l’Europa distribuisce agli Stati tramite finanziamenti con tassi ridotti, o almeno così sperano gli Stati.
Il limite del recovery fund sta nella mancanza di rapidità: nonostante sia uno strumento per fronteggiare una crisi urgente e per sostenere la ripresa economica, il piano fa parte del quadro finanziario 2021-2027. Il Consiglio Europeo ha incaricato l’Esecutivo di Ursula Von Der Leyen ad avanzare una proposta sul fondo entro il 6 Maggio. Secondo un documento interno il progetto che dovrà stabilire la Commissione Europea dovrebbe essere costituito da vari strumenti finanziari che generino 2000 miliardi di euro di investimenti e prestiti. 

Le posizioni degli Stati

Le caratteristiche, le finalità e le dimensioni del fondo sono i dettagli su cui i governi hanno posizioni distanti.
Nel Consiglio Europeo attualmente ci sono due le linee di pensiero principali. Per Conte il fondo dovrebbe essere di circa 1500 miliardi di euro e non dovrebbe fornire solo prestiti, ma finanziamenti a fondo perduto, veri trasferimenti di risorse che non prevedono rimborsi ma solo pagamenti degli interessi.
Della stessa idea sono anche la Francia e la Spagna che, non a caso, insieme all’Italia sono gli Stati più colpiti dal Coronavirus e quelli che hanno più bisogno di beneficiare del fondo.
I paesi del nord Europa invece, in primis Olanda, Finlandia e Germania, sono favorevoli a prestiti a lungo termine e al momento si oppongono con fermezza alle altre soluzioni proposte, sostenendo che la Commissione non può indebitarsi. Non a caso, si tratta anche degli Stati meno colpiti rispetto agli altri tre nominati. Oltre a questa problematica principale dovranno essere stabilite anche altre questioni fondamentali, come la destinazione dei fondi che, considerando la gravità della situazione economica in alcuni Stati rispetto ad altri, non potrà certo essere omogenea. Anche su questi dettagli ritroviamo lo schema degli Stati nel Nord e degli Stati del Sud: questi ultimi speravano in una soluzione condivisa che permettesse un’attivazione del piano almeno nella seconda metà del 2020.

Non solo Recovery Fund

Charles Michel ha affermato che entro il primo giugno saranno disponibili i 540 miliardi degli altri tre strumenti approvati: Bei, Mes e Sure. La banca europea per gli investimenti, Bei, dovrebbe provvedere a un fondo per sostenere le imprese, specialmente quelle medie e piccole. Il Mes, Meccanismo europeo di stabilità, da cui ogni paese dei 240 miliardi disponibili dovrebbe beneficiare il 2% del proprio Pil, ma con condizioni ancora da stabilire. Sure, presentato da Ursula Von der Leyen, è uno fondo temporaneo contro la disoccupazione da cui l’Italia dovrebbe finanziare la cassa integrazione.
Nell’attesa del 6 Maggio, non resta che sperare nelle parole di Conte: “È un nuovo strumento che si aggiungerà a quelli già varati, renderà la risposta Europea, ci auguriamo, molto più solida, molto più coordinata, molto più efficace”.

Alessia Hajdini, Alice Galati

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