Migranti: la Corte europea di Giustizia condanna Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca

Lo scorso 2 aprile, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca hanno violato gli obblighi derivanti dal diritto UE, rifiutando di accogliere una quota dei migranti arrivati in Italia e Grecia, come imposto dai meccanismi di ricollocazione concordati dal Consiglio europeo nel 2015. A presentare il ricorso per inadempimento contro i tre Stati membri è stata la Commissione europea.
I giudici del Lussemburgo hanno sancito che i tre paesi del blocco di Visegrád, rifiutando la loro quota di richiedenti asilo, “non possono invocare né le loro responsabilità in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna né il presunto malfunzionamento del meccanismo di ricollocazione per sottrarsi all’esecuzione di tale meccanismo”. L’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca sono ora tenute a conformarsi alla sentenza; in caso contrario, la Commissione potrà proporre un ulteriore ricorso, chiedendo delle sanzioni pecuniarie.
Cos’è la relocation dei migranti?
La relocation consiste nel trasferimento di persone aventi bisogno di protezione internazionale, da uno Stato membro dell’UE ad un altro Stato membro. Si tratta di un meccanismo di selezione cui possono aderire quei migranti in evidente necessità di protezione internazionale, vale a dire appartenenti a nazionalità il cui tasso di riconoscimento di protezione è pari o superiore al 75% sulla base dei dati Eurostat. Attualmente tre nazionalità hanno goduto di alti tassi di riconoscimento: Siriani, Eritrei e Iracheni.
Fu nel settembre del 2015, in un momento in cui erano arrivati in Europa più di un milione di migranti, che il Consiglio dell’UE decise di aiutare i due paesi in prima linea nell’accoglienza dei richiedenti asilo, Italia e Grecia, nel rispetto del principio di solidarietà.
Il meccanismo obbligatorio di ricollocamento, nello specifico, prevedeva la redistribuzione di 120.000 richiedenti asilo da attuare nell’arco di due anni; tale numero venne poi ridotto a 33.000 nel 2017 a causa del mancato riconoscimento di circa tre quarti delle richieste di asilo da parte delle autorità italiane e greche.
Ogni Stato membro si impegnava ad accogliere una quota di migranti, determinata sulla base di fattori legati alla capacità di assorbimento della propria economia, quali la dimensione della popolazione, il PIL, il numero medio delle domande di asilo nel corso dei precedenti quattro anni e il tasso di disoccupazione.
Riforma del Trattato di Dublino: una sfida per il futuro dell’Europa
Fin da subito Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, cui sarebbe spettato accogliere meno del 7% dei richiedenti asilo, affermarono di non volersi conformare ai propri obblighi, facendo quadrato su un atteggiamento di chiusura ed estrema ostilità.
In un momento di stallo, che perdura ancora oggi, delle negoziazioni per la riforma del Trattato di Dublino, la scelta di ricorrere a un meccanismo di ricollocamento sarebbe dovuto servire a lanciare un segnale politico forte di vicinanza nei confronti di Grecia e Italia. Stando agli accordi vigenti infatti, sono i primi paesi di accesso a doversi far carico delle istanze di asilo. Dal momento che il rifugiato può presentare la richiesta in un solo paese, viene a determinarsi una forte disparità tra i paesi facilmente raggiungibili, vale a dire i paesi del Mediterraneo, e gli altri. Un sistema di asilo del genere fa sì che si venga a creare un collo di bottiglia nei paesi dell’Unione che si trovano lungo le principali rotte migratorie; fenomeno che è particolarmente tangibile nelle isole greche, come Lesbo, dove migliaia di migranti restano bloccati in campi profughi nati per accoglierne in numeri di gran lunga inferiori e dalle precarie condizioni igienico-sanitarie, nell’attesa di una decisione.
Migranti: nuove proposte della Commissione europea
Nonostante la riforma del regolamento di Dublino fatichi a farsi spazio nel dibattito pubblico, soprattutto a fronte della recente emergenza sanitaria e delle continue tensione alle frontiere, la Commissione Europea ha annunciato per il 2020 la presentazione di un “nuovo patto sulla migrazione e l’asilo”. Inoltre, a dare un faro di speranza si aggiunge la disponibilità avanzata da otto Stati membri dell’UE ad accogliere entro Pasqua 1600 minori non accompagnati sbarcati sulle coste delle isole greche, come dichiarato dalla commissaria per gli Affari Interni dell’Unione Europea, Ylva Johansson.
“Il primo ricollocamento sarà questa settimana o al massimo entro la settimana prossima”, ha precisato la Johansson. “Lavoriamo in un clima positivo con questi otto Paesi, che mostrano segni concreti di solidarietà proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno”, ha aggiunto. La commissaria, pur non facendo esplicitamente menzione di tutti i Paesi coinvolti, ha annunciato che i primi ricollocamenti saranno verso il Lussemburgo.