Non solo Brexit: la carica dei nuovi partiti all’assalto di Strasburgo

Ciò che scalda gli animi in queste ultime settimane, è l’uscita della Gran Bretagna dall’UE, un’incognita che grava anche sulle elezioni europee di maggio, cui Londra non sa ancora se parteciperà. Tuttavia, gli equilibri all’interno del Parlamento di Strasburgo potrebbero essere alterati anche dall’affermazione di partiti politici che parteciperanno per la prima alla tornata elettorale. La gran parte di queste nuove proposte arriva dall’Europa centro-orientale, un’area in cui gli entusiasmi suscitati dall’ingresso nell’UE si sono ben presto raffreddati, lasciando il posto a posizioni sempre più critiche verso Bruxelles.
Tre movimenti per un unico partito?
Tra le proposte euroscettiche, possiamo annoverare quelle del polacco Kukiz’15, fondato nel 2015 dall’ex rocker Pawel Kukiz. Sostenuto principalmente da un elettorato under 30, Kukiz’15 è un movimento di destra, nazionalista e, secondo molti, populista. Propugna infatti il superamento della partitocrazia in favore del ritorno alla democrazia diretta; secondo i sondaggi pubblicati dal Parlamento Europeo, non otterrebbe alcun seggio.
Altro movimento che rappresenta una novità per il panorama europeo è il finlandese Liike Nyt (Movimento ora), nato nel 2018 con l’obiettivo di svecchiare il sistema politico del paese. Di matrice liberale e liberista, Liike Nyt rivendica la necessità di una maggiore trasparenza nell’assunzione delle decisioni e l’utilizzo, a tal fine, di una piattaforma digitale simile alla grillina Rousseau. Benché agli antipodi rispetto a molti temi, entrambi i movimenti presentano delle affinità con il M5S, tanto da esser considerati dal leader pentastellato dei possibili alleati (assieme al croato Zivi Zid) per la fondazione di un nuovo partito europeo.
Il dinamismo lettone
Interessante è il caso della Lettonia, con ben tre nuovi partiti – collocabili a destra – che, sondaggi alla mano, farebbero per la prima volta il loro ingresso a Strasburgo. Il primo è Kam pieder valsts? (Di chi è lo stato?), partito euroscettico che punta molto sul carisma del suo leader Artuss Kaimins. Benché si definisca anti-establishment e invochi la costruzione di una nuova cultura politica, il partito ha presentato dei candidati perfettamente inseriti nel sistema politico del paese.
È pro Europa, invece, il Jauna konservativa partija (JKP), il Nuovo partito conservatore fondato nel 2014. In ragione del buon risultato riportato alle elezioni parlamentari dello scorso anno (13,5% dei voti), le elezioni europee sono reputate un interessante test per il JKP che ha fatto della lotta alla corruzione una delle sue bandiere. Stando ai sondaggi, tuttavia, esso non andrebbe oltre il 4,9%.
Ultima novità da Riga è Kustiba Par! (Movimento ora!), partito tipicamente liberale guidato dall’ex ministro dell’economia Daniel Pavluts. Europeista anch’esso, Kustiba Par! si presenta alle elezioni in alleanza con un altro partito liberale, Latvijas attīstībai (Sviluppo lettone). Insieme, i due partiti raggiungerebbero il 9,8% dei voti, assicurandosi un seggio.
La destra slovacca …
In Slovacchia i riflettori sono puntati su due formazioni di destra. La prima è Ľudová strana Naše Slovensko (La nostra Slovacchia), partito nato nel 2010 ma che quest’anno, forte di un consenso pari all’11,7% dei voti, dovrebbe riuscire ad eleggere per la prima volta membri al Parlamento europeo. Si tratta, tuttavia, di un partito di estrema destra il cui leader, Marian Kotleba, suole farsi chiamare “Vodca” (duce). L’altra è Sme Rodina (Siamo Famiglia), fondata dall’uomo d’affari Boris Kollar nel 2015. Oltre che per le posizioni piuttosto conservatrici in materia di matrimoni e adozioni gay, Sme Rodina, dato al 9,5%, si contraddistingue per l’opposizione all’immigrazione e l’euroscetticismo.
… e le proposte liberali rumene e francesi
Ben diversa è la piattaforma programmatica di quella che è la principale novità rumena di questa tornata elettorale: Alianta 2020 USR PLUS, un’alleanza tra due nuovi partiti data al 14,2%. Il primo è l’USR (Unione Salvate la Romania), nato nel 2016; il secondo è PLUS (Partito della Libertà, della Unità e della Solidarietà), fondato lo scorso anno dall’ex primo ministro nonché ex commissario europeo Dacian Ciolos. Entrambi si mobilitano per la lotta alla corruzione e, data la comune matrice liberale, sono reputati dei possibili alleati per En Marche di Emmanuel Macron, il più noto tra i nuovi competitors di queste europee.
L’europeismo risponde
In Polonia, non più di due mesi fa, Robert Biedron – noto politico, apertamente gay ed ateo – ha fondato Wiosna (Primavera), un partito che ha l’obiettivo di portare «aria nuova nella politica polacca». Dal programma decisamente progressista, Wiosna si propone come l’alternativa europeista ai tradizionali partiti che dominano la scena polacca e, secondo gli ultimi sondaggi del Parlamento Europeo, si attesterebbe al 6,5%.
Nella vicina Repubblica Cecainvece, ci si attende l’exploit del Česká Pirátská Strana, noto come partito pirata. Sostenitore della democrazia diretta ed europeista, rappresenta l’opposizione più dura alle estreme destre nazionali. Dopo aver eletto un pirata quale sindaco di Praga nel 2018, con una stima del 13,5% dei voti, per il partito dovrebbero aprirsi, per la prima volta, le porte del Parlamento europeo.
Volt, il partito paneuropeo
Per concludere, il partito paneuropeo Volt, nato nel 2016 da un gruppo di giovani europei di età e provenienza diverse. Volt si autodefinisce un movimento nato ”per dare nuova energia alla politica e plasmare l’Europa di cui tutti abbiamo bisogno”. Con la Dichiarazione di Amsterdam e il programma per il Parlamento Europeo 2019-2024, Volt correrà per la prima volta alle elezioni europee di Maggio, con tre obiettivi di fondo: migliorare l’UE, rendere l’Europa una potenza economica e costruire una società giusta e sostenibile. Il traguardo che si prefigge è molto ambizioso: raggiungere l’elezione di 25 Parlamentari europei in almeno 7 Stati membri, così da fondare il primo partito europeo transnazionale.