Allargamento: al via i negoziati per l’ingresso dell’Albania e della Macedonia del Nord nell’Unione Europea

Il 25 marzo scorso è trapelata su diversi giornali la notizia dell’approvazione, da parte del Consiglio dell’UE, dell’avvio dei negoziati per l’allargamento a Albania e Macedonia del Nord. Sono state così superate le resistenze di Francia e Olanda dei mesi passati, facendo prevalere la linea Conte-Merkel, ovvero quella favorevole all’allargamento a 29. La stessa cancelliera tedesca ha posto il suo buon auspicio nei confronti dell’entrata nell’Unione, soprattutto nei confronti dell’Albania.
Altro allargamento ad Est?
Martedì scorso, dunque, i ministri degli Affari europei dei 27 Paesi hanno trovato un accordo, che è stato poi confermato anche dal Consiglio Europeo, cioè l’organo che riunisce tutti i capi di Stato e di Governo, che si è tenuto giovedì 26 in videoconferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Le trattative tra gli interessati dovrebbero iniziare ufficialmente nei prossimi mesi. Era da circa sei anni (gli ultimi a intraprendere il percorso sono stati il Montenegro nel 2012 e la Serbia nel 2014) che l’UE non autorizzava l’avvio di negoziati di questo tipo, tanto da far pensare ad alcuni osservatori che il processo di integrazione europea si fosse sostanzialmente bloccato. Salgono ora invece a quattro i Paesi balcanici impegnati nelle trattative con Bruxelles. Non è però scontato, ed è giusto riaffermare che l’inizio di questi negoziati non garantisce in alcun modo l’ingresso nel blocco europeo: esempio evidente è quello della Turchia, con cui i colloqui sono cominciati nel 2005 ma che, ad oggi, è quanto mai lontana dal divenire un nuovo membro dell’Unione.
Un percorso lungo e per nulla scontato
I negoziati per aderire all’Unione Europea durano diversi anni e non seguono alcuna regola o logica temporale; tutto è legato all’adempimento dei 35 ‘capitoli’ che ogni paese richiedente deve attuare, dimostrando all’UE di avere raggiunto determinati obiettivi. I capitoli investono l’intero sistema statale, dall’efficienza e indipendenza della giustizia alla politica fiscale, dalla libertà di stampa, alle norme sulla protezione dell’ambiente e stabilità delle principali istituzioni nazionali.
Per quanto riguarda la situazione albanese e quella macedone, il dibattito sulla loro possibile adesione ha un alto valore politico agli occhi delle opinioni pubbliche locali e per l’establishment europeo. L’intenzione dell’UE è da tempo quella di annettere pacificamente i Balcani all’Europa, per dare stabilità (e, per certi versi, anche pace) a una regione ancora oggi attraversata da forti tensioni.
Tanti i pro dell’allargamento, ma le controindicazioni?
I Paesi dell’Europa orientale che sono entrati nell’UE in seguito al grande allargamento del 2004 (Bulgaria e Romania nel 2007) hanno beneficiato di questo ingresso sotto ogni punto di vista, in primis quello economico. Sono questi i Paesi che, essendo fra i più poveri dell’Unione, hanno ricevuto e continuano a ricevere gran parte dei fondi comunitari. Le maggiori opportunità sono offerte poi alla ‘generazione Erasmus’, ossia tutti quei giovani che hanno potuto studiare in Paesi più ricchi e avanzati grazie alla libera circolazione delle persone prevista dai trattati europei.
All’allargamento ad est dell’Unione, però, non ha sempre corrisposto un adempimento degli obiettivi prefissi, uno su tutti, il discusso rispetto dello stato di diritto. Vediamo Paesi come l’Ungheria e la Polonia che hanno di fatto avuto una deriva semi-autoritaria. Il passo successivo è stata la sconfitta di una politica comune sull’accoglienza dei migranti dall’Africa e dal Medio Oriente, a cui i Paesi dell’Est si sono sempre opposti per ragioni apparentemente culturali. In effetti, una volta che gli Stati hanno ufficialmente aderito all’UE, gli strumenti necessari per imporre cambiamenti radicali da parte delle istituzioni comunitarie nei loro confronti sono pochi. Proprio per questo, negli ultimi anni, spesso il blocco orientale ha agito concordemente imponendo il veto a importanti decisioni che l’Unione doveva prendere all’unanimità o a maggioranza qualificata. Per tale ragione, insieme a molte altre, diversi paesi dell’Europa occidentale (in primis Francia e Paesi Bassi) nutrono forti dubbi sulla necessità di allargare l’Unione ad est. «Non funziona per 27 paesi, perché dovrebbe farlo per 32 o 33?», ha affermato con una certo “sarcasmo” il presidente francese Emmanuel Macron alcuni mesi fa.
“Eccellente notizia”: le parole dei vertici dell’Unione Europea
“Approviamo le conclusioni del Consiglio del 25 marzo 2020 sull’allargamento, la stabilizzazione e il processo di associazione”, si legge ad ogni modo nella dichiarazione adottata unanimemente dai capi di Stato e di Governo dei 27 la scorsa settimana. Il nuovo processo di allargamento ad est dei confini dell’Unione potrebbe richiedere molti anni, ma, proprio per questo, l’obiettivo della Commissione europea, fa sapere il commissario per l’allargamento e il vicinato, Olivér Várhelyi, è di intraprendere quanto prima i lavori negoziali con Tirana e Skopje.
“Eccellente notizia per i Balcani occidentali e per l’UE”, ha commentato sul suo account Twitter la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Ha poi aggiunto che “il loro futuro è dentro l’Unione Europea”, congratulandosi con il premier albanese Edi Rama e con quello della Macedonia del Nord Oliver Spasovski.
Anche David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha espresso in un’intervista parere positivo affermando che “l’Europarlamento ha sempre sostenuto il futuro europeo dei Balcani occidentali” e aggiungendo che “abbiamo bisogno di forti legami con i nostri vicini, ora più che mai”.
“L’avvio dei negoziati di adesione per l’Albania e la Macedonia del Nord è una buona mossa, accolta con favore dai sindacati sia nell’Unione Europea che in quei Paesi”, sono invece le parole del segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, Luca Visentini. “Rapidi progressi verso migliori salari, condizioni di lavoro e diritti sindacali in Albania e Macedonia del Nord dovrebbero costituire una parte importante del loro processo di adesione all’UE – ha aggiunto -. Pertanto, invitiamo i leader di entrambi i Paesi a definire un processo di adesione inclusivo e democratico, basato sul dialogo sociale, sul rafforzamento della partecipazione sindacale e sul pieno rispetto della loro indipendenza”.
Le parole del ministro degli esteri olandese
Non sarà però un ingresso privo di condizionalità, soprattutto per il Paese delle aquile. A tal riguardo si è espresso il ministro degli Esteri olandese, Stef Blok, durante una conferenza stampa dopo l’incontro del Consiglio UE “Sull’Albania abbiamo concordato un certo numero di precondizioni che devono essere rispettate prima che la prima conferenza intergovernativa possa avere luogo”. Tali condizionalità riguarderebbero “lo Stato di diritto e la lotta contro la corruzione”, ha spiegato Blok.
Diverso è l’approccio per la Macedonia del Nord, per la quale “non ci devono essere precondizioni”, ma deve “continuare a dimostrare progressi per concludere con successo il processo di adesione”.
Allargamento: una curiosità economica
È interessante rilevare come Albania e Macedonia ricevono già da qualche anno fondi europei, che spettano loro in quanto “candidati ufficiali” all’adesione e nel periodo 2014-2020 hanno ottenuto circa 600 milioni di euro a testa. In ogni caso, fra tutti i candidati, il paese che riceve più finanziamenti dall’Unione rimane la Turchia, con 3,5 miliardi di euro nello stesso arco di tempo, nonostante i negoziati per la sua adesione siano congelati da anni.