Relazioni esterne

Bosnia: i migranti alle porte dell’Unione europea

In occasione del dialogo sui “Migranti, Rifugiati, Accoglienza: i corridoi umanitari” organizzato dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Roma La Sapienza, Annalisa Camilli, giornalista del settimanale “Internazionale”, ha ricordato come: “La Bosnia è il primo Stato extraeuropeo dal quale solo nel 2020 sono transitate circa 20mila persone, attraverso quella che viene chiamata la rotta balcanica”.
Una rotta che attraversa Stati europei ed extraeuropei, come Grecia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Slovenia e Italia e che inizialmente passava attraverso l’Ungheria, la quale, tuttavia, a partire dal 2018 ha innalzato un muro al confine con la Serbia, bloccando così il passaggio dei migranti.
Si tratta di persone che provengono principalmente dall’Iraq, dalla Siria, dal Pakistan e dall’Afghanistan, che fuggono da guerre sistematiche e che si ritrovano bloccati in Bosnia, al gelo, con temperature sotto lo zero, in condizioni tragiche: senza acqua, elettricità, cibo e vestiti invernali. Nei campi, i migranti cercano di ripararsi dal freddo, in accampamenti precari e poco stabili, senza bagni e fogne; i letti sono teli di plastica e i casi di scabbia sono in aumento, per la mancata possibilità di potersi lavare o cambiare gli indumenti e senza che venga prestata alcuna assistenza medica.

The game: respingimenti illegali alla frontiera croata

Migliaia sono i migranti che tentano il c.d. “game”, consistente nell’attraversare il confine tra la Bosnia e la Croazia, presieduto da poliziotti croati, per raggiungere l’Europa. La polizia croata è accusata di abusi e atti di violenza sistematici: i migranti vengono torturati, privati dei pochi indumenti che hanno e illegalmente respinti e riportati dalla polizia croata al confine con la Bosnia. Dalla fine del 2019 sono state almeno 20 mila le persone respinte dalla Croazia, portando avanti, in questo modo, una politica nettamente contraria alla Convenzione di Ginevra del 1951, che vieta il respingimento di persone che potrebbero ambire ad ottenere lo status di rifugiati, e alla Carta europea per la tutela dei diritti dell’uomo.
“Molte sono le organizzazioni non governative di monitoraggio che denunciano quella che oramai è diventata una prassi sistematica della Croazia di respingere queste persone, prassi praticata anche da molti altri governi europei, come la Slovenia e la stessa Italia”, spiega Annalisa Camilli. In un tale contesto, la Commissione europea, nel settembre 2020, ha presentato il nuovo Patto europeo sull’immigrazione e sull’asilo, portando alla luce quelle che sono le linee guida che l’Unione europea intende percorrere per la gestione della migrazione. Tuttavia, questa nuova direzione presentata dalla Commissione europea non ha comportato l’apertura di vie legali per l’ingresso dei migranti, né per ragioni umanitarie, né per motivi legati allo studio o alla ricerca di lavoro.

L’azione dell’Unione europea di fronte alla situazione della Bosnia

Per tentare di risolvere la crisi umanitaria in Bosnia, nel 2018, l’Unione Europea, tramite l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), ha stanziato all’incirca 89 milioni di euro e 3,5 milioni di euro nel 2021, come sostegno al governo bosniaco.
Questo sulla base del fatto che la Bosnia è stata considerata dall’Unione Europea come non in grado di poter gestire i fondi direttamente, a causa delle forti tensioni tra le autorità locali e centrali del paese e del conseguente rifiuto delle autorità locali di collaborare.
“La Bosnia è infatti un paese suddiviso a livello amministrativo e questo aspetto ha creato non poche difficoltà nel trovare una soluzione su scala nazionale”, ha spiegato Silvia Maraone, coordinatrice dei progetti a tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo lungo la rotta balcanica per Ipsia-Caritas, intervenendo a una tavola rotonda organizzata da ISPI.

Il cantone dell’Una-Sana e il campo di Lipa

La tensione è particolarmente evidente soprattutto nel cantone Una-Sana, una regione situata a Nord-ovest della Bosnia, dove molti sono i migranti rimasti bloccati per cercare di attraversare il confine.
Nel settembre 2020, centinaia di migranti sono state lasciate senza un riparo a seguito della chiusura del campo di Bira, nella periferia della città di Bihać, da parte delle autorità di Una-Sana per l’ostilità emersa della popolazione locale, che si rifiuta di avere questi campi al centro della città. Una retorica anti-migratoria è particolarmente presente proprio in questa regione ed è stata segnalata anche in un gruppo Facebook denominato “STOP l’invasione di migranti!! Associazione dei cittadini di Bihać”, amministrato da un politico locale di Una-Sana, che pubblica proteste e messaggi di odio contro i migranti, additandoli come criminali, terroristi.

La Bosnia e l’OIM

Ad aggravare maggiormente la situazione in Bosnia, è stata la decisione dell’OIM, presa il 23 dicembre 2020, di non finanziare più il campo di Lipa a causa della sua inadeguatezza per l’inverno e rispetto agli standard internazionali di accoglienza dei migranti. Nel dramma di una tale situazione, il giorno stesso alcuni migranti, presi dalla disperazione, hanno dato fuoco alle tende del campo di Lipa.
Tale gesto ha indotto conseguentemente alla definitiva chiusura del campo, lasciando un gran numero di persone a vagare nel bosco alla ricerca di un riparo. “La situazione è in seguito leggermente migliorata, in quanto a partire dall’8 gennaio, il governo bosniaco ha assunto la gestione del campo di Lipa e assieme all’esercito bosniaco sono state montate all’incirca 30 tende militari nelle quali però troviamo tutte le 900 persone che si trovano a Lipa”, riporta nuovamente Silvia Maraone.
Il 10 marzo 2021, si è svolto anche l’incontro tra il Ministro degli Esteri bosniaco Bisera Turković e l’Alto Rappresentante dell’UE Josep Borrell, durante il quale, quest’ultimo ha sottolineato ulteriormente “l’importanza di istituire un sistema di migrazione e asilo sostenibile, con una più equa condivisione delle responsabilità in tutto il paese”.

Sono, dunque, le stesse istituzioni europee a ritrovarsi alle prese con un braccio di ferro continuo con le autorità nazionali e locali bosniache per la risoluzione della questione migratoria, che purtroppo, rimane, al momento, ancora aperta.

Martina Astolfi, Stefano Cupelli, Orsetta Maria Fasolo

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