Sanzioni UE ai funzionari cinesi per le violazioni dei diritti umani nello Xinjiang

L’Unione europea ha deciso di introdurre delle sanzioni mirate contro i responsabili di violazioni di diritti umani. Ciò che preoccupa la comunità europea è la strategia repressiva dei diritti umani condotta da Pechino negli ultimi anni, in particolare, a danno della minoranza etnica uigura dello Xinjiang.
Sanzioni mirate
Approvato qualche giorno fa il divieto di viaggio e il congelamento dei beni di quattro cittadini cinesi e un’entità cinese. L’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese a Bruxelles, Zhang Ming, aveva avvertito che la Cina “si oppone con forza” alle sanzioni decise dall’Unione. L’ambasciatore ha poi aggiunto che “le sanzioni basate sulle bugie potrebbero essere interpretate come un attacco deliberato alla sicurezza e allo sviluppo della Cina”, mettendo a rischio la fiducia reciproca tra i due partner commerciali.
Il 22 marzo sono stati resi pubblici i nomi dei funzionari implicati con l’approvazione formale del regolamento relativo alle misure restrittive da parte dei Consiglio dei ministri dell’UE.
Joseph Borrell ha twittato “The EU is today taking more action against #HumanRights violations and abuses worldwide” e in un tweet successivo ha aggiunto che sono stati sanzionati “4 individuals and 1 entity from China for systematic use of forced labour, arbitrary detentions, violations of freedom of religion/belief against Uighurs in #Xinjiang”.
La condanna delle repressioni degli uiguri nello Xinjiang
L’Unione Europea, partener commerciale strategico per la Cina, già dal 2019 si esprime sulle ripetute violazioni dei diritti umani e civili della comunità turcofona e di credo musulmano degli uiguri nello Xinjiang, tra sterilizzazioni, lavori forzati e campi di rieducazione.
In particolare, il Parlamento europeo, nella risoluzione del dicembre 2020, ha condannato fortemente le repressioni delle minoranze etniche, le motivazioni fornite da Pechino di combattere il terrorismo interno, il ricorso alla tecnologia di sorveglianza digitale per controllare la popolazione e le condizioni degradati di lavoro forzato e liberticide in cui vivono gli uiguri e altre minoranze musulmane nella regione.
La questione dei diritti umani in Cina
I paesi dell’UE avevano già costatato che erano aumentati i programmi di trasferimento di manodopera uigura e che numerose erano le denunce – credibili – di lavoro forzato degli uiguri nelle catene di produzione dei settori dell’abbigliamento, della tecnologia e dell’automobile di cui le multinazionali europee si riforniscono.
Il Parlamento ha proposto di adottare una legislazione che preveda il divieto di immettere sul mercato dell’UE le merci prodotte in condizioni in cui vengono commessi gravi violazioni dei diritti umani, come il lavoro forzato o il lavoro minorile.
I deputati sostenevano che “è essenziale che l’UE sollevi la questione della violazione dei diritti umani in Cina in ogni dialogo politico con le autorità cinesi”. Per tali motivi, chiedevano al Consiglio “di adottare sanzioni mirate e di congelare i beni, se ritenuto opportuno ed efficace, contro i funzionari cinesi responsabili di una grave repressione dei diritti fondamentali nello Xinjiang”. Il 22 marzo sono state approvate ufficialmente queste sanzioni.
La risposta cinese alle sanzioni imposte
Non si è fatta attendere la risposta cinese riguardo le sanzioni limitative imposte ai suoi funzionari con il divieto di ingresso nei paesi dell’UE e alle aziende di sviluppare affari commerciali. La Cina ha, infatti, annunciato che sanzionerà importanti politici e accademici dell’Unione Europea e 4 sue istituzioni.
David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, tweetta che è inaccettabile che la Cina sanzioni i “deputati e organi del PE per opinioni espresse nell’esercizio della loro funzione democratica”.
Ciò che resta da fare è attendere i prossimi sviluppi per vedere come le relazioni tra i due paesi si evolveranno e che ripercussioni avranno queste sanzioni, non solo per il mercato comune ma anche nella scena politica.