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Esiste un deficit democratico nell’Unione europea?

Dalle prime elezioni del parlamento europeo, del 1979, si è sempre registrata una bassa affluenza alle urne. Abbiamo chiesto al professor Giovanni Moro, docente del corso di Teoria e pratica della cittadinanza e del corso di Analisi delle politiche pubbliche presso il dipartimento di Scienze Politiche Sapienza Università di Roma, la sua opinione riguardo questo fenomeno.

Le elezioni europee hanno avuto da sempre una bassa partecipazione, secondo lei perché?

Nel mondo c’è una diminuzione nell’esercizio del voto causato anche da una diminuzione di potere che viene esercitato dalle assemblee elettive, diventano più importanti i governi e vi è il disincentivo alla partecipazione dei cittadini. Nel caso specifico europeo, in seguito alla crisi economica in Grecia, gli stati nazionali sono stati costretti a misure economiche restrittive riducendo le misure di welfare. La sovranità popolare non è stata considerata poiché chi aveva provocato la crisi non era legittimato politicamente, i governi non hanno interpellato i cittadini per necessità, hanno applicato determinate politiche per evitare la banca rotta.
Solo la Grecia ha coinvolto i cittadini, mediante referendum, per l’approvazione di politiche economiche suggerite dalla Commissione e dalla Banca Mondiale, le quali avrebbero portato ad una diminuzione della spesa pubblica. Il risultato fu il respingimento delle proposte che però non fu accolto e l’adozione di tali misure dal governo successivo.
Altro elemento fondamentale della scarsa partecipazione alle elezioni europee è la poca conoscenza della rilevanza dell’Unione europea se non all’interno di discorsi politici nazionali.

Come può l’Unione Europea incrementare il sentimento europeista?

Ulrich Beck ha scritto il saggio ‘’L’Europa Cosmopolita’’ nel quale esamina il ‘nazionalismo metodologico’ analizzando come nell’Europa si applicano criteri che si definiscono in base a situazioni nazionali, ma l’Unione Europea non è uno stato nazionale. Vi è sempre l’idea che all’Unione Europea manchi qualcosa perché l’obbiettivo diffuso è che l’Unione Europea diventi uno Stato. L’Unione europea è nata dalla volontà di un mercato unico europeo per limitare il prevalere del nazionalismo, fattore importante delle due guerre mondiali del Novecento, costruita a basso livello d’intensità perché è nella sua natura. Per questa sua natura reputo che non sia un problema la bassa intensità. Per tali ragioni non credo che l’Unione europea possa trasformarsi in uno stato federale.

La guerra in Ucraina ha incrementato una crescita nel sentimento europeista da parte dei cittadini, questo risultato influenzerà la partecipazione attiva dei cittadini?

L’Unione Europea nasce per perseverare la pace, la situazione internazionale ha portato ad una maggior consapevolezza di pace e ciò è coerente rispetto alle ragioni della nascita dell’Unione Europea. Non so se la condizione attuale possa portare ad una maggiore partecipazione alle elezioni, poiché vi sono motivazioni eterogenee della non partecipazione. Riconosco interessante lo ‘spitzenkandidat’ per incentivare la partecipazione alle elezioni ma non risolverebbe la problematica della mancata partecipazione alle elezioni dovuta all’ignoranza della rilevanza dell’Unione Europea e alle altre problematiche esaminate precedentemente.
L’Unione Europea ha proprio come ragione di essere quella di proteggere la pace, ma si nota poi un coinvolgimento attraverso mezzi finanziari della stessa nella guerra in Ucraina e ciò porta ad una contraddizione e ad uno scetticismo dei cittadini nei suoi confronti. Come cittadini europei ci si chiede: “siamo in guerra, anche indirettamente, oppure no?”. Si ha difficoltà ad oggi ad affermare che l’Unione Europea è garante della pace e ciò inevitabilmente incide sul sentimento europeista dei cittadini.

Carlotta Maddalena Guglielmi, Michela Petti

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