#ELEZIONIEUROPEE2019 Interviste

Elezioni europee 2019: liste nazionali e partiti europei. La parola a Gabriele Maestri

Il 26 Maggio saremo chiamati a votare per eleggere i membri del Parlamento europeo. I partiti che intendono fare parte delle schede elettorali hanno dovuto presentare e depositare le loro liste.
Ne parliamo con Gabriele Maestri, giornalista pubblicista, dottore di ricerca in Teoria dello Stato (Sapienza) e Studi di Genere (Roma Tre). Docente a contratto in diritto dei partiti e fondatore del sito Isimbolidelladiscordia.it, che analizza i simboli dei partiti.

Il 26 maggio voteremo per eleggere i rappresentanti italiani al Parlamento Europeo. Gli elettori troveranno sulla scheda il simbolo dei partiti nazionali. Prima del voto, quali sono le scadenze importanti per i nostri partiti e quali le difficoltà da superare per presentare le proprie liste e simboli?

L’iter ha avuto inizio quando il Governo ha sottoposto al Presidente della Repubblica la scelta della data per votare alle elezioni, una data obbligata perché tra i giorni stabiliti a livello europeo era presente soltanto una domenica, quindi il 26 maggio. La legge prevede essenzialmente due passaggi fondamentali per capire chi farà parte della scheda elettorale. Il primo è il deposito del contrassegno elettorale (il simbolo) presso il Ministero dell’Interno, un adempimento che si che si è svolto tra il 7 e l’8 di aprile. Tutti i soggetti politici che desiderano partecipare alle elezioni hanno depositato il simbolo con cui intendono distinguersi in campagna elettorale, insieme ad altri documenti richiesti. Il secondo momento è il deposito delle liste dei candidati, tra il 16 e il 17 aprile, nei cinque uffici elettorali circoscrizionali che hanno sede presso le Corti d’Appello relative alla singola circoscrizione. Le liste devono rispettare determinate caratteristiche: di numero, di composizione, di genere. Soprattutto, per i partiti che non hanno presunzione di rappresentatività, è richiesto di consegnare dalle 30.000 alle 35.000 firme per ciascuna circoscrizione, secondo un criterio di distribuzione territoriale.

Quali partiti potrebbero presentare le liste? E quali esclusi?

Questo è difficile da dire. È facile immaginare chi ci sarà: una lista del Partito Democratico, da solo o con altre forze; una lista del Movimento 5 Stelle; una della Lega, bisognerà vedere se con altri simboli; una di Forza Italia, quasi certamente con dentro anche l’UDC; una lista di Fratelli d’Italia. Dovrebbe inoltre esserci una lista di +Europa, avendo l’esenzione dalla raccolta delle firme. Trattasi, infatti, di liste riconducibili a partiti che hanno un gruppo in almeno una delle due Camere o hanno eletto alcuni rappresentanti con il loro simbolo.
Ovviamente, fare una lista per ottenere lo 0.5% dei voti può sembrare privo di senso, ma ciò può trovare una giustificazione nell’evidenziare la propria presenza o nel tentativo di sottrarre voti agli avversari. Questo però rientra nelle intenzioni che nessuno confesserà mai, anche quando sono assolutamente visibili.

Secondo le raccomandazioni della Commissione di marzo 2013, un collegamento chiaro tra i partiti nazionali e i partiti europei cui sono legati renderebbe il processo di voto più democratico. A quali partiti fanno e faranno riferimento i maggiori partiti nazionali?

Già dal 2013 si è invitato a rendere più palese il collegamento tra partito europeo e partiti nazionali. Da tempo alcuni partiti si sono adeguati, attraverso i simboli depositati alle europee. Ad esempio, c’era la sigla PSE in quello del PD nel 2014, del PPE in quello del NCD-UdC, il riferimento all’ALDE per quanto riguardava la lista Scelta Europea.
C’è chi, già allora, aveva utilizzato il riferimento alla collocazione europea per cercare di ottenere qualche cosa di più, come nel caso dell’esenzione dei Verdi. Una lacuna nelle disposizioni, infatti, ammetteva – tra le ipotesi di esenzione – la possibilità per una lista di fare riferimento ad un partito che avesse eletto almeno un europarlamentare, per prassi eletto in Italia. I Verdi hanno considerato ogni partito nazionale come succursale di un partito europeo. Avendo il Partito Verde Europeo dei suoi parlamentari, i Verdi nazionali hanno puntato ad avere sulla base di questo l’esenzione.
In un primo tempo, questa soluzione non era stata ritenuta valida perché appunto si era sempre data una lettura restrittiva della disposizione. L’ufficio elettorale nazionale del Parlamento Europeo ha detto che proprio per quelle raccomandazioni (e per le fonti del diritto europeo che avevano invitato a rendere visibile anche sulle schede elettorali l’affiliazione europea) bisognava consentire questo tipo di partecipazione, quindi l’esenzione sarebbe diventata accettabile. Questa è stata una novità del 2014.
Il Viminale ha, quindi, posto dei requisiti: una dichiarazione del leader del partito europeo che riconosca l’affiliazione, aver pagato le quote di affiliazione al partito europeo e la presenza del nome e del simbolo del partito europeo di cui si sta parlando all’interno del proprio.
In ogni caso, il Partito Democratico farà riferimento al Partito Socialista Europeo. Il Movimento 5 Stelle al momento non aderisce a nessun partito europeo, ma solo ad un gruppo parlamentare; Fratelli d’Italia ha inserito un riferimento ai Conservatori Europei; +Europa parteciperà con Italia in Comune; la Lega finora non ha mai utilizzato simboli europei. Anzi, nel 2014, scrisse “Basta euro”.

Elisa Ceraudo, Carola Franchino, Martina Marignani

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