La regolamentazione del settore spaziale nel processo di integrazione europea
Il settore spaziale sta assumendo un ruolo sempre più strategico. La sua regolamentazione si inserisce all’interno di un complesso equilibrio di conciliazione di interessi nazionali e comuni europei che devono tener conto di un contesto internazionale in rapido sviluppo e avanzamento tecnologico. Per capire in che modo la legislazione spaziale si è articolata nel corso del processo di integrazione europea e quale stato ha attualmente raggiunto, abbiamo intervistato il professor Gianfranco Gabriele Nucera, docente di Giustizia ambientale e lotta al cambiamento climatico presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Sapienza, già ricercatore in Space Law.
Qual è l’importanza dell’integrazione europea nel settore aerospaziale e come ha influenzato lo sviluppo delle politiche e delle normative relative allo spazio?
La cooperazione nel settore spaziale ha fin da subito caratterizzato lo sviluppo della politica spaziale a livello europeo, dapprima nell’ambito della European Research Organisation (ESRO) e la European Launcher Development Organisation (ELDO) create nel 1962 e 1964 rispettivamente, e poi grazie all’istituzione dell’Agenzia spaziale europea (ESA) nel 1975 e gradualmente dall’Unione europea, già dall’Atto unico europeo nel 1986 e l’inclusione della ricerca e sviluppo tra le politiche comuni delle Comunità europee, nonché di una politica estera e di sicurezza estesa in maniera implicita anche al settore spaziale. Mentre l’ESRO e l’ELDO avevano permesso ad alcuni Stati europei e non, ad esempio l’Australia nell’ambito dell’ELDO, di cooperare nell’ambito della ricerca e tecnologia e avviare una cooperazione per lo sviluppo di un lanciatore (presupposto essenziale per accedere allo spazio extra-atmosferico in maniera autonoma), è con la creazione dell’ESA che la politica spaziale europea comincia a prendere forma e la cooperazione tra Stati membri diviene più strutturata, conservandone ancora oggi gli aspetti fondamentali, quali lo sviluppo di programmi spaziali permanenti e opzionali e l’applicazione del principio del fair return nella distribuzione geografica dei contratti nell’ambito della politica industriale dell’ESA. D’altra parte, dal 1986, le principali tappe del processo di integrazione europea hanno determinato un’evoluzione della competenza dell’Unione in materia spaziale, fino ad arrivare ad una competenza dell’Unione espressamente riconosciuta in materia con il Trattato di Lisbona nel 2007. Oggi appare impossibile pensare al settore aerospaziale europeo come composto da soli programmi spaziali nazionali. Nell’ambito dell’Unione europea e della sua agenzia spaziale, l’EUSPA, troviamo forme di cooperazione essenziali per lo sviluppo di applicazioni spaziali e l’interesse per il settore è sempre maggiore, soprattutto grazie al riconoscimento della sua natura trasversale per il raggiungimento degli obiettivi di numerose politiche europee, basti pensare alle priorità della Commissione Von der Leyen quali la transizione ecologica, supportata principalmente dal programma UE-ESA di osservazione della Terra Copernicus, e digitale, in cui svolge ad esempio un ruolo fondamentale il nuovo programma per una connettività sicura.
Come vengono affrontate le questioni di regolamentazione, cooperazione e governance tra i paesi membri dell’Unione Europea?
Per quanto riguarda il primo aspetto, vale a dire la regolamentazione, a livello regionale con il Trattato di Lisbona la competenza dell’Unione in materia di attività spaziali ha acquisito una propria autonomia. Mentre nella fase pre-Lisbona le azioni nel settore spazio delle Comunità europee e poi dell’Unione trovavano fondamento giuridico in altre competenze, quali lo sviluppo industriale, le reti transfrontaliere, i trasporti, la ricerca scientifica e la difesa, gli articoli 4, comma 3, e 189 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ora menzionano espressamente il settore spazio collocandolo tra le competenze concorrenti dell’Unione. Bisogna fin da subito precisare che si tratta di una competenza concorrente sui generis, nel senso che presenta alcune peculiarità. Proprio dopo Lisbona è stato costituito il Working Party on Space del Consiglio dell’Unione al fine di assistere il Comitato dei Rappresentanti Permanenti nella preparazione delle discussioni del Consiglio.
Il Trattato di Lisbona ha inoltre costituito la base per successive evoluzioni della governance spaziale europea, quale, ad esempio, la riorganizzazione istituzionale intervenuta nel 2021 grazie all’istituzione del Programma spaziale dell’Unione europea e della sua agenzia spaziale, l’EUSPA, con il regolamento (UE) 2021/696 adottato ai sensi dell’articolo 189 TFUE che definisce, tra l’altro, gli strumenti di cui l’Unione può avvalersi per perseguire gli obiettivi del programma spaziale. La governance del programma è affidata all’Unione europea, tramite la Commissione, preposta al coordinamento del programma, e all’EUSPA che agisce più operativamente nella gestione delle componenti del programma, quali Copernicus, Galileo e EGNOS, GOVSATCOM e SSA; e l’ESA, che provvede allo sviluppo tecnico delle componenti del programma. Un aspetto fondamentale della governance spaziale europea, riconosciuto dallo stesso art. 189 sono i rapporti tra l’UE e l’ESA, le cui azioni sono coordinate fin dall’adozione dell’Accordo Quadro tra le due organizzazioni del 2004 e l’istituzione di un organo congiunto a livello ministeriale per la definizione di una politica spaziale europea comune – il Consiglio Spazio – e il suo rafforzamento con l’istituzione di una rinnovata partnership attraverso la conclusione del Financial Framework Partnership Agreement nel giugno 2021 ai sensi del Regolamento 2021/696.
Trattandosi di una competenza concorrente dell’Unione, la regolamentazione nazionale, unitaria e settoriale, conserva un ruolo fondamentale.
Il settore spaziale sta diventando sempre più rilevante ed essenziale per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’Unione, che sta cercando di rafforzare la sua posizione nel settore.
Come si conciliano gli interessi nazionali con gli obiettivi comuni europei nello sfruttamento e nell’esplorazione dello spazio?
Più che di sfruttamento e esplorazione dello spazio, riprendendo la formulazione della Dichiarazione dei principi giuridici che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’uso dello spazio extra-atmosferico adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1963 e il successivo Trattato sullo Spazio del 1967 parlerei di esplorazione e uso dello spazio extra-atmosferico, dove l’espressione uso include certamente lo sfruttamento a fini commerciali dello Spazio da enti governativi e privati.
Per rispondere alla domanda, questa è sicuramente una questione che è stata affrontata a livello europeo dal momento che lo spazio è un settore sensibile e strategico per la tutela degli interessi dello Stato quali la difesa e la sicurezza. D’altra parte, abbiamo già rilevato che lo sviluppo della attività spaziali a livello europeo è sempre stato caratterizzato da uno spiccato senso di collaborazione e cooperazione internazionale e che permette oggi agli Stati membri dell’Unione, e all’Unione stessa, di porsi come attori principali nel settore a livello globale. La stessa Unione, fin dall’adozione della European Space Policy sta cercando di rafforzare la sua autonomia strategica.
La competenza dell’Unione ci aiuta a comprendere il modo in cui gli interessi nazionali si conciliano con quelli dell’Unione. Trattandosi di una competenza concorrente, sulla base del principio di sussidiarietà, l’Unione interviene soltanto quando gli obiettivi di azione previsti non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma possono essere meglio realizzati a livello sovranazionale, quanto a portata o effetti dell’azione. Tuttavia, il TFUE introduce due limiti all’esercizio di tale competenza concorrente e che trova probabilmente ragione da un lato, nella volontà di estendere la competenza dell’UE allo spazio, considerato un settore chiave per il perseguimento di politiche essenziali per l’evoluzione dell’integrazione europea, dall’altro per limitarne la portata, conservando interamente le prerogative degli Stati membri nel settore spaziale. L’art. 4.3 TFUE afferma che, nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione ha competenza per condurre azioni, in particolare la definizione e l’attuazione di programmi, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro. Inoltre, l’art. 189 prevede che gli atti adottati dall’Unione in materia non possono pervenire ad un’armonizzazione delle legislazioni spaziali nazionali.
Anche nell’ambito della politica estera, la competenza dell’Unione è intergovernativa, conservando gli Stati membri la responsabilità delle rispettive politiche estere ma sempre nel rispetto dei principi generali del diritto dell’UE e agendo in uno spirito di lealtà e solidarietà reciproca, astenendosi inoltre da qualsiasi azione contraria agli interessi dell’Unione.
Si può dunque concludere che se da una parte le istituzioni europee, pur chiamate a svolgere un ruolo rilevante nel settore, anche da un punto di vista normativo, non sono capaci di condizionare in maniera esaustiva le politiche degli Stati membri, dall’altra parte è necessario riconoscere che il perseguimento di obiettivi comuni nel settore dai paesi membri dell’Unione è sempre più forte, basti pensare al moltiplicarsi di documenti delle istituzioni europee che menzionano la politica spaziale, ai frequenti statements dell’Unione in qualità di osservatore permanente nel Comitato delle Nazioni Unite sull’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (COPUOS) e alla cooperazione, anche bilaterale, che caratterizza i rapporti tra Stati membri dell’Unione.