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Le carceri ai tempi del Covid-19: diritto alla salute per tutti?

Il Covid-19 non guarda in faccia nessuno. Colpisce ricchi, poveri, anziani e giovani. Non distingue etnia o religione, tanto meno se sei un detenuto o un santo. Tutta la popolazione mondiale è a rischio ma alcuni di noi lo sono di più. Il tema del sovraffollamento nelle carceri è risaputo, tuttavia è innegabile che in questa situazione di emergenza si mostri in tutta la sua drammaticità.

Secondo i dati rilasciati dal Ministero della Giustizia, aggiornati al 31 marzo 2020, nel territorio italiano sono presenti 57.846 detenuti, di cui 2.496 donne e 18.975 stranieri. 57.846 detenuti presenti in 189 istituti sparsi in varie regioni italiane è un numero ragguardevole. Indubbiamente è una cifra che non può essere ignorata o lasciata a sé stessa perché si tratta di persone e non di fredde statistiche.

L’appello del Commissario per i diritti umani

Dunja Mijatović, Commissario per i diritti umani dal 1° aprile 2018, fin dall’inizio del suo mandato ha affermato che: “my role as Commissioner for Human Rights is to keep states alert to the problems that may restrict people’s ability to enjoy their rights, and to help them find solutions to improve human rights protection and implementation.”
Non stupisce quindi, che il 6 aprile 2020 abbia rilasciato un tweet in cui chiedeva agli Stati di prendere quanto prima tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e la salute dei detenuti nelle carceri europee durante il diffondersi del Covid-19.

Che cosa sta accadendo nelle carceri europee?

Per evitare il propagarsi del Covid-19 bisogna perentoriamente seguire alcune norme igieniche e di distanza sociale. Tuttavia, il problema centrale è che le carceri sono un luogo ad alto rischio. Le celle spesso sono condivise e anguste, senza considerare che i servizi igienici sono insoddisfacenti, come dichiara, Dunja Mijatović. Il sovraffollamento e la difficoltà di mantenere un buon livello di igiene sanitaria espongono i detenuti al contagio del virus. Appare chiaro dunque che per le strutture di detenzione è altamente complesso garantire il diritto alla salute durante la pandemia.

Anche il CPT si esprime sulle carceri…

Il 20 marzo 2020, il CPT (European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment) ha pubblicato una “dichiarazione dei principi relativi al trattamento delle persone private della libertà nel contesto della pandemia di coronavirus”.  La suddetta dichiarazione contiene 10 principi. Tutti e 10 sono volti alla salvaguardia a 360° dei diritti dei carcerati, con particolare attenzione alla tutela della salute dei medesimi.
Infatti, in primis viene ribadita l’esigenza di prendere tutte le misure possibili per proteggere la salute e la sicurezza di tutti i detenuti, ricordando che agire in tal senso contribuisce anche a salvaguardare sia la salute che la sicurezza del personale. La dichiarazione inoltre esorta le strutture detentive a rispettare le linee guida dell’OMS sulla lotta contro il Covid-19, nonché le linee guida sanitarie e cliniche nazionali coerenti con gli standard internazionali. Il CPT prosegue affermando l’imprescindibile prosecuzione di alcuni diritti fondamentali dei carcerati quali l’accesso all’acqua calda, al sapone, all’ora d’aria, al colloquio con il proprio avvocato, ecc. Nel caso in cui vengano stabilite restrizioni col mondo esterno come le visite, i detenuti dovrebbero comunque avere maggiore accesso a mezzi di comunicazione alternativi. Particolarmente interessante risulta il principio numero 8 circa la tutela dei detenuti posti in quarantena perché contagiati o sospetti di aver contratto il Covid-19, ai quali “should be provided with meaningful human contact every day”.

Gli interventi degli Stati

Gli Stati si trovano nella delicata situazione di dover fronteggiare quanto sta accadendo all’interno delle carceri. In altre parole, devono garantire il diritto alla salute a tutte le persone che stanno scontando una pena detentiva.La stessa Dunja Mijatović esorta caldamente “all member states to make use of all available alternatives to detention whenever possible and without discrimination”.
Di conseguenza, per prevenire un contagio su larga scala nelle carceri, diversi Stati stanno provvedendo al rilascio di determinate categorie di detenuti. Ma non solo, in molti Stati si sta usufruendo di ulteriori strumenti quali: il rilascio anticipato o temporaneo, amnistie e la detenzione domiciliare. Queste sono solo alcune delle misure dettate dall’esigenza di salvaguardare la salute di tutti i cittadini. Infatti, anche se i carcerati spesso vengono considerati come gli “ultimi della società”, è necessario tenere a mente che siamo tutti membri della “grande famiglia umana”!

Rebecca Menegollo

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