Le prospettive geopolitiche dell’Unione Europea
“L’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare”, disse Henry Kissinger, ex Segretario di Stato americano e uno tra i personaggi più influenti di tutta la Guerra Fredda. Andando oltre al cinismo di questa affermazione, e considerata anche l’antipatia che il tedesco naturalizzato americano provava nei confronti del Vecchio Continente (sempre lui si chiedeva chi avrebbe dovuto chiamare, nel caso avesse voluto parlare con l’Europa), è evidente che essa abbia centrato il punto. L’Unione Europea, grande esperimento politico che tutto sommato può essere considerato riuscito, quantomeno in parte, dimostra una grande fragilità e disunione per ciò che riguarda la sua politica estera. Un grave errore strategico, tenendo a mente il suo posizionamento spaziale, che la vede sottoposta alle pressioni di chi scappa da sud, in cerca di una vita migliore per sé e per i suoi cari, dall’instabilità cronica del Medio Oriente, e dal risveglio dell’orso russo, sonnecchiante (ma non inattivo) fino al 2022, anno in cui la minaccia moscovita si è fatta di nuovo viva. Abbiamo chiesto a Edoardo Boria, professore presso La Sapienza Università di Roma, di aiutarci a diradare la nebbia delle prospettive geopolitiche dell’Unione Europea.
1. Ad oggi in che modo un eventuale allargamento dell’Unione Europea può influire sulla percezione dello spazio geopolitico?
Già le ultime adesioni all’Unione da parte di nuovi membri hanno esteso lo spazio istituzionale europeo ma reso più eterogeneo quello più propriamente politico aumentando la distanza tra i suoi centri e le sue periferie, sia nella realtà che nelle percezioni comuni. Ciò non significa che vengano a mancare i requisiti per proporsi all’esterno come un sistema politico coerente e distinto dall’esterno. Permane un sufficiente grado di coesione e di coerenza complessiva. Tuttavia, l’accresciuta eterogeneità interna indebolisce il blocco macroregionale europeo nei rapporti di forza globali con altri blocchi e incide negativamente sulla propria autopercezione. Il senso di appartenenza dei cittadini europei va perdendo forza rispetto alle identità nazionali che vengono rilanciate con forza in questi anni.
Un eventuale allargamento a est accentuerebbe il problema, già molto vivo, di confini (sia istituzionali che, soprattutto, geopolitici) altamente fluidi e contestati, scaricando instabilità persino sull’Europa mediana (regione mitteleuropea) storicamente stabilizzata attorno al magnete tedesco.
2. Come cambierebbe la spazialità in cui agisce l’Unione europea nel caso in cui dovesse espandersi?
Ulteriori allargamenti potrebbero stabilizzare economicamente le aree periferiche interne ed esterne dell’Unione ma sul piano geopolitico renderebbero questo spazio ancora più esposto a spinte centrifughe. Già adesso si nota un inasprimento dei gradienti territoriali, non solo quello est-ovest ma anche quello nord-sud, con la conseguenza che il sistema istituzionale europeo assume sempre più natura gerarchica, con pesanti ripercussioni sulla dimensione geopolitica continentale. Il nucleo centrale non è più un sottosistema al pari degli altri ma diviene, nei fatti e ancora di più nella percezione pubblica, un fulcro che si autoassegna il compito di proiettare capacità decisionali sul resto del continente ma che nei fatti tende a perdere autorevolezza. Questi processi disarticolano l’intero sistema accrescendo in maniera preoccupante il divario e le disfunzionalità tra i diversi sottosistemi (quello scandinavo, quello mediterraneo, quello dell’est, ecc.) dando vita a un ambiente tendente a connotarsi internamente in senso multipolare. La contestazione delle periferie nei confronti del centro si fa sempre più aspra, sospinta con forza da spinte centrifughe di tipo sovranista.
3. Quali spazi condividono UE e USA e in quali competono?
UE e USA non sono attori dal medesimo peso politico. I loro rapporti di forza appaiono, infatti, fortemente sbilanciati. L’assetto tendenzialmente bipolare del pianeta, non solo in senso politico ma anche culturale con le reazioni di questi ultimi anni alla globalizzazione e all’occidentalizzazione del pianeta, impedisce all’Europa di ritagliarsi un proprio spazio e la costringe invece a schierarsi con nettezza nel sistema di alleanze atlantico, che però non contribuisce né a definire né a guidare. Il cuore propulsivo del globo è ormai stabilmente spostato sul Pacifico rendendo l’area europea marginale rispetto ai teatri maggiori dello scontro globale.
L’incapacità dell’Unione di stabilizzare o anche solo di incidere nei propri sottosistemi più problematici (Balcani, Mar Nero) e nei quadranti più prossimi che scaricano instabilità sull’Europa (Mediterraneo, Medio Oriente) comporta un inevitabile debolezza nelle relazioni con altri spazi geopolitici (Stati Uniti, Cina), sia in quanto soggetto unitario che nei suoi attori più importanti (Germania, Francia).